Il ritorno di Anish Kapoor al Macro: la materia come carne viva

Dopo 10 anni di assenza dall’Italia, l’artista anglo-indiano Anish Kapoor ritorna a Roma in una mostra al Macro di via Nizza fino ad aprile 2017 assolutamente da non perdere. Curata da Mario Codognato e sostenuta da BNL, la mostra testimonia la continua ricerca di Kapoor in ambito formale e concettuale, attraverso rilievi dipinti – la maggior parte inediti – composti da strati aggreganti di materia plastica rossa e bianca e attraverso sculture-architetture che dialogano armoniosamente con la sala che le ospita in una “unica grande installazione” come l’ha definita Federica Pirani.

Nato a Bombay nel 1954, Kapoor a diciannove anni si sposta ikapoor1-copie-820x550 (1).jpgn Inghilterra, dove negli anni Ottanta sarà uno degli artisti più rappresentativi della New British Sculpture insieme a Tony Cragg e Antony Gormley. Dagli anni Novanta, le sue opere assumono dimensioni sempre più monumentali, spesso incentrate sulla tematica del vuoto. Infatti Anish Kapoor è attratto dalle cavità delle spelonche, dallo spazio in negativo che sembra autoingoiarsi e nascondere alla vista un universo complementare che si apre dall’altra parte, come vediamo in Gethsemane e in Negative Box Shadow, un’opera esposta in mostra che dà perfettamente l’idea di uno spazio in negativo che si sta assottigliando, affettando, sotto gli occhi increduli dello spettatore. «I am a painter working as a sculptor» ha dichiarato l’artista.
«Davanti ai suoi buchi – ha scritto Francesco Bonami – ci si perde come guardando dentro un pozzo o dentro il buio di una grotta. Ogni spettatore ritorna bambino, ognuno ritrova il ventre della grande madre primordiale. L’angoscia si trasforma in meraviglia».

Nei tagli di Kapoor, l’azione asettica, precisa e concettuale di Lucio Fontana diventa uno strumento, in quanto serve a svelare un mondo crudo, dionisiaco, orgiasticamente confuso come quello che Hermann Nitsch celebra nelle sue opere. È impossibile, infatti, non pensare all’Azionismo viennese di fronte ad opere come Dissection, Flayed o ancora Internal Object in three parts, i cui titoli suggeriscono già immagini primordiali, viscerali, brutali e sensuali al tempo stesso che «continuano in chiave contemporanea l’inesauribile tradizione della rappresentazione letterale e metaforica della carne e del sangue nella pittura di ogni tempo e latitudine».

Kapoor riesce, in questa mostra, a concretizzare e a far convivere nelle opere le polarità della sua sensibilità artistica: il positivo trova in sé il negativo, così come il maschile il femminile, il pieno il vuoto, il concavo e il convesso, il ruvido e il liscio. Ma tra i tanti contrasti, nessuno è più forte di quello tra la vita, espressa chiaramente da forme che richiamano i genitali femminili, e la morte, intesa come putrefazione della carne, sezionamento dei cadaveri. I due opposti, eros e thanatos, trovano la loro sintesi nel colore rosso; così ha dichiarato in un’intervista l’artista:

Il rosso in particolare ha qualcosa di molto più scuro di altri colori, più del blu o del nero. Immagino l’interno del nostro corpo come scuro e rosso. Rosso è il sangue. Così come rosso è il colore che associo alla nascita.

In questo senso, l’arte funge da mediatrice tra l’essenza del mito e la contingenza della contemporaneità, sempre in bilico tra immanente e trascendente. Il ruolo dello spettatore è, dunque, cruciale in quanto egli  è chiamato a completare l’opera, attribuendole un significato. Così ha dichiarato Kapoor durante la conferenza stampa della mostra:

Io spesso dico che non ho nulla da dire come artista. Il significato di un’opera si rivela nella relazione tra oggetto e colui che lo guarda […] Se pensate che la mostra non abbia niente a che fare con quello che pensavate di me, avete ragione.

Archetipico, inquietante, sensuale e dialettico, il lavoro di Kapoor presenta, affronta ed investiga la condizioni della materia intesa come carne viva, le dinamiche della percezione e il potere della metafora. Impossibile rimanere indifferenti a tanta grandezza.

Elena Li Causi

Link diretto: http://www.artspecialday.com/9art/2016/12/23/anish-kapoor-al-macro/

Tra matite spezzate e zucchero filato: Alessandro Valeri in mostra

Ancora pochissimi giorni per visitare la mostra di Alessandro Valeri dal titolo Lasciami entrare al MACRO di Testaccio, caratteristico quartiere romano, ricco di storia e arte. La mostra, a cura di Micol Veller Fornasa, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è stata inaugurata lo scorso 2 giugno e sarà visitabile fino al 24 luglio. Un percorso visivo in cui pittura, fotografia, installazione e suono dialogano tra loro in questa ultima tappa di un viaggio in Galilea iniziato dall’artista nel 2011 quasi per caso. Immediatamente, una volta varcata la soglia, il visitatore avrà la sensazione di aver cambiato città. Non più Roma ma Tzippori, in Galilea, vicino a Nazaret.

Centro dell’interesse dell’artista è un orfanotrofio gestito da suore e operatori ebrei, musulmani e cristiani, che accoglie bambini di qualsiasi etnia e religione e che diventa oggetto di ripetute visite che Alessandro Valeri compie negli anni. Egli documenta con fotografie, registrazioni e riprese video la quotidianità dei settanta bambini ospitati e proprio da questo suo impegno nasce SEPPHORIS (nome greco di  Tzippori) progetto di pace e di speranza, non retorico e lontano da ogni credo religioso o politico per sostenere le attività di un luogo speciale emblema di multiculturalismo e amore.

L’artista, che vive e lavora tra Narni, Roma e Berlino, si serve del suo lavoro e della sua creatività per dare il suo contributo, indipendentemente dal suo credo, e portare avanti la causa di tanti bambini, di cui i settanta orfani sono tra i più fortunati, i cui diritti non vengono garantiti e spesso negati.
Ad esempio il diritto all’istruzione: nella mostra 40.000 matite spezzate segneranno il cammino, che culminerà in un’installazione sospesa, un vecchio banco di scuola posizionato nel vuoto per evocare appunto il diritto all’istruzione, spesso negato. Alle matite spezzate, efficaci metafore delle possibilità negate, si affiancano, però, le aspettative e i candidi sogni infantili mostrati attraverso disegni “fatti con e per i bambini” e un’installazione di una macchina di zucchero filato, simbolo di vita migliore, normale, magari altrove, magari tra qualche anno.

Animano gli spazi de La Pelanda del MACRO oggetti anonimi e casuali che tuttavia raccontano una storia di speranza, come ad esempio i peluche nella camera antigas, immagine che parla da sé e che non richiede alcun commento. La mostra si presenta dunque come un reportage di grande gesto d’amore, testimoniato proprio dal lavoro delle suore e degli operatori e in generale un inno alla vita e alla pacifica convivenza, in una zona, quella della Galilea, da anni ormai al centro di aspri conflitti e rivendicazioni. Lasciami entrare è più che un semplice titolo: è una richiesta di aiuto.

Elena Li Causi per MIfacciodiCultura

Link diretto: http://www.artspecialday.com/9art/2016/07/22/alessandro-valeri-in-mostra/

Il cuore e la materia: Marisa e Mario Merz al MACRO

2.jpgAncora qualche giorno d’attesa e finalmente il MACRO, giorno 18 febbraio, aprirà le sue porte per l’attesissima mostra dedicata a Marisa e Mario Merz. La mostra, a cura di Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio e Federica Pirani e realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz di Torino, sarà visitabile fino al 5 giugno 2016 e ripercorre le esperienze individuali e collettive di due tra i più grandi artisti del Novecento, celebrati a livello internazionale con premi e mostre personali.

Mario Merz (1925-2003) sin da giovane si servì dell’arte come strumento affilato e tagliente per esprimere il proprio impegno politico. Cominciò con uno stile astratto-espressionista ma abbandonò la pittura a metà degli anni sessanta per sperimentare con materiali diversi, come i tubi al neon, con cui perforava la superficie delle tele per infondere una carica di energia, oppure il ferro, la cera e la pietra, le cosiddette “pitture volumetriche”. Inizia così una stagione, quella dell’Arte Povera caratterizzata dall’uso di materiali umili (materiale vegetale, organico, minerale, nastri registrati, neon..) che nasce in opposizione all’”arte ricca” rappresentata, invece, dal successo commerciale della Pop Art, del Minimalismo e della Funk Art.

«Se la forma scompare la sua radice è eterna» così aveva scritto Mario Merz con un sottile tubo di neon, allo stesso modo, nei Numeri di Fibonacci c’è la scoperta di una matematica progressiva che sommando i numeri precedenti crea la visione dell’infinito. Questa progressione appare anche nelle spirali delle conchiglie, nella distribuzione delle foglie sugli alberi, è dunque un infinito concreto che trova la sua espansione nella continua capacità di rinascere.

Nel 1956 Mario sposò Marisa, visionaria scultrice – unica donna tra gli artisti dell’Arte Povera – sigillando così in eterno il loro sodalizio artistico. Il loro rapporto, durato oltre cinquantanni, ha permesso la nascita di alcune opere realizzate a quattro mani, alcune delle quali prossimamente visibili al MACRO, come una serie di tavoli di Mario Merz, che dialogano con sculture, teste o violini in cera di Marisa.1

I curatori della mostra hanno dedicato una particolare attenzione al legame che i due maestri hanno stretto con la Città Eterna, da sempre seduttrice infallibile degli artisti.
Ad esempio la spirale di Mario Merz, progettata per i Fori Imperiali nel 2003, sarà esposta su una parete del MACRO per la prima volta in quella posizione verticale per cui era stata inizialmente pensata dall’artista. Così come i diversi progetti realizzati da Marisa negli anni Sessanta – Settanta, come per le mostre personali presso la Galleria L’Attico di Sargentini e presso l’Aeroporto di Ciampino.

Attraverso una raccolta di sculture, pitture, fotografie, progetti, il visitatore resterà colpito non solo dall’estrema chiarezza comunicativa, prerogativa dell’Arte Povera, ma dalla capacità della coppia di lavorare insieme. Amalgamando bene la loro creatività, i Merz riuscirono a creare opere uniche e organiche, pur rimanendo ciascuno profondamente diverso dall’altro. Non è dunque questo l’amore?

Elena Li Causi per MIfacciodiCultura

Link diretto:http://www.artspecialday.com/9art/2016/02/07/il-cuore-e-la-materia-larte-di-marisa-e-mario-merz-al-macro/